Il Percorso nel Cammino dei Neo CatecumeniLunedì 5 dicembre 2022 accadde che si incontrarono, dicendo Si a un perseverante invito, alcuni fedeli desiderosi di condividere alcuni momenti del tempo della loro vita alla reciproca condivisione di “qualcosa” di presente in loro e con loro. 
continua……..
Il perseverante invito era ed è opera del Signore per mezzo di Padre Cristian, Sacerdote Cileno ora in terra italiana e in attività presso la Parrocchia di Santa Paola Romana coadiuvato da alcuni educatori con esperienza pluriennale presenti nella Parrocchia di San Giuseppe al Trionfale.
Si iniziò un percorso composto di alcune fasi ben cadenzate e inamovibile, quindi  certe,  nello scorrere del tempo quotidiano utili a stabilire un ordine educativo in cui i cardini sono la così detta: “Liturgia della Parola” ovvero uno studio approfondito di un termine biblico già stabilito nella successione dell’elenco predisposto dagli educatori, da organizzare nella celebrazione e studio nei giorni precedenti il martedì in cui viene “celebrato”;
“Liturgia Eucaristica”ovvero la sua celebrazione nel giorno del sabato in cui i partecipanti condividono l’eucarestia in una liturgia sui generis, con uso locale,  contemplata nei canoni della Chiesa Universale e con molti singolari tempi liturgici in cui è evidente la matrice canora contemplativa ed evocativa, con accenni alle usanze folcloristiche, assunte da località probabilmente ispaniche e sud americane ove l’uso dell’accompagnamento con il battito delle mani e il ballo del canto liturgico è usuale, e tendente alla spontaneità espressiva non propriamente eucaristica e consona alla santità del sacramento che la Comunità, guidata dal Sacerdote Celebrate, partecipa.
Momento singolare e fondamentale in tale celebrazione è  lo svolgimento della Omelia che nasce dalla spontanea partecipazione orante dei fedeli che esprimono il loro vissuto più recondito e nascosto tendenzialmente con incoscienza trascendente, con liberi tempi in cui narrano il vissuto delle grazie chieste a Nostro Signore e ricevute, anche di semplice svolgimento nella quotidianità, ma che accompagnalo il fedele nei momenti di smarrimento della certezza e di conseguenza della coscienza della vicinanza che godono del Signore, che ricevono nuovamente per grazia.
La assunzione della specie eucaristica è nella formula del pane corpo di Cristo e vino, sangue di Cristo condiviso contemporaneamente e unitamente da unica fonte:
un solo pane azzimo frazionato e assunto dai partecipanti;
un solo calice con il vino in unica fonte assunto dal medesimo calice da tutti i partecipanti.
È singolare che durante l’elevazione i fedeli partecipanti non si inginocchiano in “adorazione” nonché un particolare canto finale successivo all’assunzione del corpo e sangue di Cristo eucaristici, accompagnato e espresso gestualmente con una “danza rituale intorno all’altare.
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Spunti per riflessioni raccolte da testi consultati in Archivi pubblici.
È doveroso a tal punto avere coscienza che Giovanni Paolo II, con la “Ecclesia de Eucharistia, n. 52”chiarisce che: « … A nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale.»
Il succo delle indicazioni della lettera Vaticana al movimento neocatecumenale riguarda anche le modalità di distribuzione dell’Eucaristia:
se è stato approvato l’uso del pane e del vino, viene però richiamata l’attenzione alla loro distribuzione non intorno alla ‘mensa‘ ma processionalmente da parte del presbitero.
Non si tratta di un dato solo formale, dal momento che i neocatecumenali pongono l’accento sul ‘banchetto‘ e vivono e sottolineano la convivialità a decremento del ‘sacrificio‘.
Osservate le dimensioni impressionanti della ‘mensa’, rispettivamente, di Porto S. Giorgio e della Domus Galileae, ques’ultima predisposta per la missione dei sacerdoti in Europa del 2006, con la channucchià al posto della croce!           
Il discorso è complesso e da non sottovalutare, perché da come viviamo, interpretiamo e celebriamo questi momenti ne va dell’autenticità e della profondità del nostro rapporto con il Signore secondo i Suoi insegnamenti trasmessi nella e dalla Chiesa. Lex orandi, lex credendi!
Vivere la liturgia, alla presenza del Signore, così come Lui ci ha insegnato, è indispensabile per riattualizzare per noi, per la Chiesae per il mondo il ‘memoriale‘ della sua morte e resurrezione, perché si operi nella nostra vita e nella nostra storia – e nella storia – la trasformazione e la ricapitolazione di tutto quanto connota il nostro essere-nel-mondo secondo la volontà del Padre: “Eccomi, io vengo…”
Certamente tutto questo non può avvenire se il sacramento viene snaturato oltre che nella sua forma anche nella sua sostanza.
Magari può venir fuori una terapia di gruppo (grande spazio alle risonanze) – e non sempre è scontato che succeda neppure questo -, una dinamica esaltante e consolatoria (canti esaltanti, ballo finale), un salutare approccio con la Scrittura; ma tutto questo nulla ha a che fare con l’Eucarestia.
In sintesi:
La Messaper i neocatecumenali non è un “sacrificio” e quindi in luogo dell’altare, non c’è che la mensa, e nell’Eucaristia si celebra un convito di festa fra fratelli uniti dalla medesima fede nella Risurrezione, ma in riferimenti all’esodo e alla Pasqua ebraica;
il pane e il vino consacrati sono soltanto il simbolo della presenza del Cristo risorto, che si esaurisce con la celebrazione ed unisce i commensali comunicando loro il proprio spirito, rendendoli partecipi del suo trionfo sulla morte.
Conseguenza della predicazione neocatecumenale secondo la quale la passione e morte di Cristo non è stata un vero sacrificio offerto al Padre per riparare il peccato e redimere l’uomo, che resta inesorabilmente peccatore (il che è vero, ma non si tiene conto dell’effetto della grazia) e, per godere i frutti della sua opera, basta riconoscersi peccatori e credere nella potenza del Cristo risorto (il che elimina totalmente la ‘risposta’ e la responsabilità personale).
E così anche le parole della consacrazione “questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi” non hanno il significato pregnante custodito dalla Chiesa e quindi l’Eucaristia non viene vissuta in tutta la sua sacralità, potenza trasformatrice, momento fondante e sorgente inesauribile della vita di fede nel Signore, riattualizzazione della sua MORTE E RISURREZIONE ‘
fate QUESTO in memoria di me’
È per questo che le celebrazioni, pur ricche del fervore dei canti e delle risonanze alla Parola proclamata, che molta presa hanno sulla emotività delle persone, alla fine sono altra cosa rispetto alla celebrazione ‘cattolica‘ che viviamo come ci è stata trasmessa dalla Chiesa.
Nelle celebrazioni neocatecumenali abbiamo visto tanta esaltazione e poco raccoglimento ed anche banalizzazione del mistero (…prima di celebrare i ‘sacri misteri’… ricordate?)
Viene negata anche la ‘Comunione dei Santi’ ritenendo che lo Spirito circoli solo ed esclusivamente nella concreta ristretta comunità di appartenenza. È per questo che le celebrazioni sono così parcellizzate ed escludono la grande Assemblea dei fedeli della Parrocchia.
E viene quindi negata la nostra unione con la Chiesa Trionfante, che ci immette in una realtà che è il vero ‘mondo a venire’ il Regno già qui sulla nostra tribolata terra e nella nostra vita e nella nostra storia. E la consapevolezza che nella celebrazione si realizza la comunione non solo con l’assemblea dei presenti, ma anche con tuttala Chiesa di ieri di oggi di domani, terrestre e celeste, nel tempo e fuori del tempo contemporaneamente.
Poste queste non banali divergenze con il ‘sensus fidei’ trasmesso dalla Chiesa, la celebrazione liturgica perde tutta la sua solennità e la sua bellezza e crediamo venga snaturata della sua realtà più vera.
Il pensiero di Benedetto XVI sul modo di celebrare l’Eucaristia è bene espresso nel libro “Rapporto sulla Fede”. In esso è riportata l’intervista di Vittorio Messori all’allora Card. Joseph Ratzinger. A pag. 130 leggiamo: «La Liturgia non è uno show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La Liturgia non vive di sorprese “simpatiche”, di trovate “accattivanti”, ma di ripetizioni solenni. Non deve esprimere l’attualità e il suo effimero ma il mistero del Sacro. Molti hanno pensato e detto che la Liturgia debba essere “fatta” da tutta la comunità, per essere davvero sua. È una visione che ha condotto a misurarne il “successo” in termini di efficacia spettacolare, di intrattenimento. In questo modo è andato però disperso il proprium liturgico che non deriva da ciò che noi facciamo, ma che qui accade. Qualcosa che noi tutti insieme non possiamo proprio fare. Nella Liturgia opera una forza, un potere che nemmeno la Chiesa tutta intera può conferirsi: ciò che vi si manifesta è l’assolutamente Altro che, attraverso la comunità (che non è dunque padrona ma serva, mero strumento) giunge sino a noi. Per il cattolico, la Liturgia è la Patria comune, è la fonte stessa della sua identità: anche per questo deve essere “predeterminata”, “imperturbabile”, perché attraverso il rito si manifesta la Santità di Dio. Invece, la rivolta contro quella che è stata chiamata “la vecchia rigidità rubricistica”, accusata di togliere “creatività”, ha coinvolto anche la Liturgia nel vortice del “fai-da-te”, banalizzandola perché l’ha resa conforme alla nostra mediocre misura».
Negli “Orientamenti alle équipes di catechisti per la fase di conversione”, viene riportate questa catechesi di Kiko: “Non c’è Eucaristia senza assemblea. È un’assemblea intera che celebra la festa e l’Eucaristia; perché l’Eucaristia è l’esultazione dell’assemblea umana in comunione; perché il luogo preciso in cui si manifesta che Dio ha agito è in questa Chiesa creata, in questa comunione. È da questa assemblea che sgorga l’Eucaristia” (p. 317).
Il Papa Giovanni Paolo II nell’enciclica “Ecclesia De Eucharistia ” (2003), al n. 31, scrive invece: “Si capisce, dunque, quanto sia importante per la vita spirituale del Sacerdote, oltre che per il bene della Chiesa e del mondo, che egli attui la raccomandazione conciliare di celebrare quotidianamente l’Eucaristia, “la quale è sempre un atto di Cristo e della Sua Chiesa, anche quando non è possibile che vi assistano fedeli”.
Vogliamo ricordare che ogni vero cristiano è consapevole di quanto sia importante il coinvolgimento dell’assemblea, ma non si sognerebbe mai di dimenticare che il sacerdote celebra ‘in persona Christi’, il cristiano vive, partecipa, accoglie, loda, ringrazia, adora… e l’assemblea non è formata soltanto dalla sua comunità, ma è in comunione con la Chiesa di ieri di oggi di domani, terrestre e celeste, nel tempo e fuori del tempo contemporaneamente.
Se c’è del positivo, nel richiamare l’attenzione sulla maggiore concretezza e coinvolgimento con i fratelli per viverlo comunitariamente, i contenuti formativi non sono quelli insegnati nella e dalla Chiesa e, in realtà, si determina una grande concentrazione dell’esperienza nell’ambito delle singole comunità con vera e propria esclusione degli ‘altri’.
Aggiungiamo anche che, nell’Eucaristia vissuta secondo gli insegnamenti della Chiesa, si realizza quell’ “eccomi”, così totalizzante e pregnante che coinvolge la nostra vita a 360 grandi in tutta la sua ampiezza (pensieri, desideri, impegni, azioni e relazioni rapporti con gli altri) e spessore (profondità del nostro essere e sua relazione con gli altri, con il mondo e con il Signore). È difficile da spiegare così, è più bello ed efficace dirselo a voce e soprattutto viverlo. Quel fate QUESTO in memoria di ME è il punto chiave di tutto. Cosa intendiamo per QUESTO? Se si tratta del dono totale di noi al Padre, perché, ‘ricordandosi’ (ri-attualizzazione, non semplice ricordo) del Suo Figlio, operi anche in noi la trasformazione in Cristo, accettando il nostro affidamento-dono totale e trasformandolo in ‘sacrificio santo perenne gradito a Dio’ e non solo nel momento dell’Eucaristia, ma facendo di noi un’ ‘Eucaristia vivente’, allora forse c’è un qualcosa d’altro e di oltre a quel che dice Kiko e non ci sembra ininfluente per una fede cristiana vera.
Ribadiamo dunque che non è la stessa cosa celebrare un ‘banchetto escatologico’ (insegnamento neocat) o il ‘sacrificio di Cristo’, nato morto e risorto che poi ci invita ANCHE al ‘banchetto‘ nuziale d’intimità con Lui, preparato dal Padre prima di tutti i secoli (insegnamento della Chiesa). Fa differenza, e non poco, perché se partecipo solo a un convito, sono un commensale, che condivide l’allegria (le inaudite parole di Kiko al Papa) se partecipo a un sacrificio, sono uno che si dona e riceve da Cristo il dono di donarsi come ha fatto LUI e come di certo non insegna Kiko… [vedi anche sua intervista del giugno 2008]
A seguito dell’approvazione dello Statuto, ci soffermiamo in particolare sull’art.13 che rinvia, nella sua nota 49:
alla lettera del card. Arinze,
al discorso di Benedetto XVI del 12 gennaio 2006 e
alla Notificazione della Congregazione per il Culto Divino ela Disciplinadei Sacramenti che prevede come sole concessioni, la comunione sotto le due specie e lo spostamento “ad experimentum” del segno della pace.
Mentre la Letteradel Card. Arinze, oltre alle peculiarità evidenziate, richiama al rispetto dei libri liturgici. il Santo Padre nel suo discorso la ricorda: “ha impartito a mio nome alcune norme concernenti la Celebrazione eucaristica“, riportiamo – dalla Istruzione Redemptionis Sacramentum:
[77.] In nessun modo si combini la celebrazione della santa Messa con il contesto di una comune cena, né la si metta in rapporto con analogo tipo di convivio. Salvo che in casi di grave necessità, non si celebrila Messasu di un tavolo da pranzo[159] o in un refettorio o luogo utilizzato per tale finalità conviviale, né in qualunque aula in cui sia presente del cibo, né coloro che partecipano alla Messa siedano a mensa nel corso stesso della celebrazione.
[79.] Infine, va considerato nel modo più severo l’abuso di introdurre nella celebrazione della santa Messa elementi contrastanti con le prescrizioni dei libri liturgici, desumendoli dai riti di altre religioni.
Alla luce di quanto accade nella realtà: Assemblea seduta intorno all’enorme mensa; risonanze; assenza di Adorazione alla Consacrazione anche col divieto di inginocchiarsi; prevalenza di simboli ebraici non solo esteriori ma anche nella teologia che sottende il rito; danza davidica finale, possiamo effettivamente dire che i neocatecumenali NON rispettano il loro statuto.
E, non rispettandolo, non rispettano la volontà del Papa.
Possiamo e dobbiamo dirlo, ma poi?
Ci imbatteremo sempre nelle loro piroette, nell’arroganza e nella prepotenza che conferisce loro la sicurezza e la certezza di essere protetti dai loro potenti sponsor curiali, forti pur sempre di un’approvazione, per quanto anomala essa sia…
Tutto lo statuto, così com’è formulato (anche col silenzio su tante prassi anomale non regolate), è fatto per dare veste formale al cammino e risulta volutamente ‘fumoso’: frutto di un “dire e non dire” che – attraverso allusioni decriptabili solo da chi può leggere tra le righe perché conosce il cammino dall’interno e lo valuta col giusto spirito critico – fa diventare ‘commestibile’ ciò che commestibile non è… e ne conosciamo tutti i motivi: questo sito li ha ben documentati.
Ma non sarà di certo la triste evidenza delle potenti protezioni e della inarrestabile invasione di tutta la realtà ecclesiale che ci farà rinunciare a denunciare le serie storture prodotte da insegnamenti e prassi che fanno del cammino un’”entità” a sé, dai connotati giudeo-luterano-gnostici, identificabili solo frequentandolo perché molto ben criptati sia dallo statuto che dalla propaganda ingannevole presso le diocesi, le parrocchie e sul web
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Continuiamo citando dalla Misterium Fidei di Paolo VI
 [...] 4. E affinché sia evidente l’intimo nesso tra la fede e la pietà, i padri del Concilio, confermando la dottrina che la Chiesa ha sempre sostenuto e insegnato e il Concilio di Trento ha solennemente definito, hanno voluto premettere alla trattazione del sacrosanto Mistero Eucaristico questa sintesi di verità: « Il nostro Salvatore nell’ultima Cena, la notte in cui fu tradito, istituì il Sacrificio Eucaristico del suo corpo e del suo sangue, a perpetuare così il sacrificio della Croce nei secoli fino al suo avvento, lasciando in tal modo alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, in cui si riceve Cristo, l’anima si riempie di grazia e ci si largisce il pegno della gloria futura ».(1)
5. Con queste parole si esaltano insieme il Sacrificio, che appartiene all’essenza della Messa celebrata quotidianamente, e il Sacramento, di cui i fedeli partecipano con la santa Comunione mangiando la carne di Cristo e bevendone il sangue, ricevendo la grazia, che è anticipazione della vita eterna; e la «medicina dell’immortalità », secondo le parole del Signore: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.(2) [...]
Motivi di sollecitudine pastorale e di ansietà
9. Tuttavia, Fratelli Venerabili, non mancano, proprio nella materia che ora trattiamo, motivi di grave sollecitudine pastorale e di ansietà, dei quali la coscienza del Nostro dovere Apostolico non ci permette di tacere.
10. Ben sappiamo infatti che tra quelli che parlano e scrivono di questo Sacrosanto Mistero ci sono alcuni che circa le Messe private, il dogma della transustanziazione e il culto eucaristico, divulgano certe opinioni che turbano l’animo dei fedeli ingerendovi non poca confusione intorno alle verità di fede, come se a chiunque fosse lecito porre in oblio la dottrina già definita dalla Chiesa, oppure interpretarla in maniera che il genuino significato delle parole o la riconosciuta forza dei concetti ne restino snervati.
11. Non è infatti lecito, tanto per portare un esempio, esaltarela Messacosì detta «comunitaria» in modo da togliere importanza alla Messa privata; né insistere sulla ragione di segno sacramentale come se il simbolismo, che tutti certamente ammettono nella ss. Eucaristia, esprimesse esaurientemente il modo della presenza di Cristo in questo Sacramento; o anche discutere del mistero della transustanziazione senza far cenno della mirabile conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue di Cristo, conversione di cui parla il Concilio di Trento, in modo che essi si limitino soltanto alla «transignificazione» [predicata da Kiko] e «transfinalizzazione» come dicono; o finalmente proporre e mettere in uso l’opinione secondo la quale nelle Ostie consacrate e rimaste dopo la celebrazione del sacrificio della Messa Nostro Signore Gesù Cristo non sarebbe più presente.
12. Ognuno vede come in tali opinioni o in altre simili messe in giro la fede e il culto della divina Eucaristia sono non poco incrinati.
13. Affinché dunque la speranza, suscitata dal Concilio, di una nuova luce di pietà Eucaristica, che investe tuttala Chiesa, non sia frustrata e inaridita dai semi già sparsi di false opinioni, abbiamo deciso di parlare di questo grave argomento a voi, Venerabili Fratelli, comunicandovi sopra di esso il Nostro pensiero con apostolica autorità.
14. Certamente noi non neghiamo in coloro che divulgano tali opinioni il desiderio non disprezzabile di scrutare un sì grande Mistero, sviscerandone le inesauribili ricchezze e svelandone il senso agli uomini del nostro tempo; anzi riconosciamo e approviamo quel desiderio; ma non possiamo approvare le opinioni che essi esprimono e sentiamo il dovere di avvisarvi del grave pericolo di quelle opinioni per la retta fede.
Confrontiamola con l’insegnamento di Kiko tratto dagli “Orientamenti
“Gesù Cristo gli dà ancora un altro nuovo significato, un nuovo contenuto al segno: questo pane è il mio corpo che si consegna alla morte per voi. Gesù Cristo non si inventa il segno che era antichissimo; dà pienezza al segno, un nuovo significato. Perché lui compiela Pasqua, lui compie il passaggio dalla schiavitù della morte alla terra promessa che è l’arrivo al Padre,… la vera Gerusalemme” (OR, p. 306).
“Con il Concilio di Trento, nel XVI secolo, si fissa tutto rigidamente.
“In quest’epoca nascono tutte le filosofie sull’Eucarestia.
“Quando non si capisce quello che è il sacramento, a causa della svalorizzazione enorme dei segni come sacramenti, e quando non si capisce quello che è il memoriale, si comincia a razionalizzare, a voler dare spiegazioni del mistero che c’è dentro. Precisamente perché, il mistero trascende la sua unica spiegazione, c’è il sacramento. Il sacramento parla più dei ragionamenti. Ma a quel tempo, poiché non si capisce…, si cerca di dare spiegazioni filosofiche del mistero. E così incominciano i dibattiti su: “come è presente?” Lutero non negò mai la presenza reale, negò solo la parolina ‘transustanziazione’ che è una parola filosofia (sic) che vuole spiegare il mistero.
“La Chiesaprimitiva non ha mai avuto problemi circa la presenza reale… Ma la cosa più importante non sta nella presenza di Gesù Cristo. Egli dice: “Per questo sono venuto: per passare da questo mondo al Padre”. Ossia, la presenza fisica nel mondo ha uno scopo che è il resuscitare dalla morte. Questa è la cosa importante. La presenza è un mezzo per il fine che èla Suaopera: il mistero di Pasqua. La presenza è in funzione dell’Eucarestia, della Pasqua” (OR, p. 325). Nell’intervista rilasciata nel giugno 2008, il giorno dopo l’approvazione degli Statuti, Kiko esprime apertamente i riferimenti alla Pasqua ebraica.
È forse questa la ‘iniziazione cristiana cattolica’, che in ogni caso non è monopolio del cammino, che di questa espressione ha fatto il suo ‘cavallo di Troia’ per introdursi sempre più aggressivamente nella Chiesa, minandone l’unità e le verità dal di dentro…?
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 Ulteriori osservazioni:
1. DALL’ORIENTAMENTO ALLE EQUIPE DI CATECHISTI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE DI KIKO ARGUELLO:
“Il pane e il vino non sono fatti per essere esposti, perché vanno a male. Il pane e il vino sono fatti per essere mangiati e bevuti. Io dico sempre ai sacramentini che hanno costruito un tabernacolo immenso: se Gesù Cristo avesse voluto l’Eucaristia per stare lì, si sarebbe fatto presente in una pietra che non va a male.
 Il pane è per il banchetto, per condurci alla Pasqua.
La presenza reale è sempre un mezzo per condurci ad un fine, che è la Pasqua.
Non è assoluto.
Gesù Cristo è presente in funzione del mistero Pasquale.”
Ecco il perché i NC NON SI INGINOCCHIANO MAI durantela Consacrazione.
Ecco anche perché non ammettevano l’Adorazione Eucaristica.
Solo da poco, pensiamo per i rilievi mossi, ma anche per l’importanza dell’Adorazione più volte richiamata dai nostri Papi, almeno a Roma, nella Parrocchia dei Martiri Canadesi, la fanno, introdotta di recente del tutto ostentatamente, una sola volta al mese.
2. TRATTO DAL LIBRO “INTRODUZIONE ALLO SPIRITO DELLA LITURGIA
DI J. RATZINGER
“…La transustanziazione (trasformazione del pane e del vino), l’adorazione del Signore nel Sacramento, il culto eucaristico con l’ostensorio e le processioni – tutte queste cose, ci viene detto, non sono che errori medievali, da cui bisognerebbe distanziarsi il più presto possibile.
La superficialità con cui vengono messe insieme idee di questo genere può solo suscitare meraviglia…. …Nessuno dica allora:
l’Eucaristia deve essere mangiata e non adorata. … la Comunione raggiunge la sua profondità solo quando è sostenuta e compresa dall’adorazione…”
La nostra fede ci fa essere d’accordo col secondo, e non col primo.
In conclusione, secondo la dottrina cattolica, Jesuah ha Nozrì, il Mashiah, Figlio di Dio, si trova “veramente” nell’Eucaristia e non simbolicamente; “sostanzialmente” e non con una presenza soltanto virtuale o temporanea; “realmente” e non in ragione della nostra fede, interamente con tutto il suo corpo, con tutta la sua anima e con tutta la sua divinità.
La verità non detta è che Kiko e Carmen si sono fermati alla “lavanda dei piedi“, che è un “rito di inversione” che introduce al discepolato (questo è il vero significato dello “stare seduti” – detto anche nella lettera al Papa – mentre Cristo passa a “servirli”!!!!) ma l’ultima cena, oltre alla lavanda dei piedi e a poter essere vista come “banchetto nuziale, escatologico“, come certamente è, riporta all’istituzione dell’Eucaristia e alla prefigurazione del Calvario e della Resurrezione (per che cosa dunque si chiama Eucaristia, cioè rendimento di grazie, lode, ecc.???!!!)
È questo il vero significato cattolico della Messa, non solo l’iniziazione al discepolato durante un banchetto ed inoltre, per la Chiesa, la lavanda dei piedi è anche il simbolo della Confessione Sacramentale, che è chiesta dal Signore per essere “mondi” alla partecipazione del Sacrificio!
E tutta la celebrazione è un rendimento di grazie (non solo il momento del ringraziamento finale come subdolamente predica Kiko criticando la Chiesanelle sue catechesi (OR, p. 330) e una riattualizzazione del ‘mistero pasquale’, ma non per vivere solo il momento della ‘Risurrezione’, ma il mistero nella sua interezza: ‘Passione, Morte e Risurrezione’ del Signore Gesù…
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Ancora sull’Eucaristia:
La Chiesa, oltre che con gli esempi ufficiali dei nostri Papi, si è espressa molto chiaramente per quanto concerne la celebrazione dell’Eucaristia in documenti chiarissimi: ne citiamo soltanto tre: “Misterium fidei” di Paolo VI, la “Mane nobiscum domine” e la “Redemptionis Sacramentum“, fortemente voluti dal defunto pontefice, quasi a suggello del suo grandioso pontificato ed eredità comune per tutti i credenti.
Peraltro lo stesso Ratzinger, ancora cardinale nel documento “La Comunione nella Chiesa“, a pagina 110 , commentando la Lettera ai Corinzi, affermava: “Lo sguardo dell’apostolo è al riguardo innanzitutto rivolto alla comunità locale di Corinto, che ha perduto il vero senso del radunarsi, nella misura in cui i gruppi pur essendo gli uni accanto agli altri tuttavia rimangono separati. Ma l’orizzonte al di là della dimensione locale si apre sulla Chiesa nel suo insieme:tutte le assemblee eucaristiche nel loro insieme sono in realtà un’assemblea, perché il corpo di Cristo è soltanto uno e il popolo di Dio può essere soltanto uno….le comunità devono celebrare l’Eucaristia in tal modo che esse possano radunarsi tutte tra di loro, a partire da Cristo e per mezzo di Cristo. Chi non celebra l’Eucaristia con tutti, fa solo una caricatura dell’Eucaristia. Si celebra l’Eucaristia con l’unico Cristo e pertanto con tutta la Chiesa o non si celebra affatto. Chi nell’Eucaristia cerca solo il proprio gruppo, chi in essa o attraverso di essa non si inserisce in tutta quanta la Chiesa e non oltrepassa il suo punto di vista particolare, egli fa esattamente ciò che viene rimproverato ai Corinzi. Egli si siede, per così dire, con la schiena rivolta verso gli altri e distrugge così l’Eucaristia per lui stesso e la disturba per gli altri. Egli fa allora soltanto la sua cena e disprezza la Chiesa di Dio (1 Cor. 11,21ss)”.
Ma come può ritrovarsi dentro tali schemi colui il quale, digiuno di ogni fondamento teologico, sinceramente ma disarmato e sprovvisto di ogni capacità di riflessione, si accosta all’Eucaristia in chiave neocatecumenale? Alla fine succede che “rifiuta” ogni altra Eucaristia celebrata fuori dal Cammino come rituale non inconcludente, ma nettamente inferiore per portata e contenuto!
Personalmente ho vissuto un grande disagio nell’ascoltare quella predicazione aberrante e anche nel vivere il momento della ‘comunione‘ nel ‘grande chiasso’ o quello finale del ringraziamento nella sguaiatezza (le cosiddette esaltanti danze davidiche) invece che nella intimità col Signore, che ero – e sono – solita ‘gustare‘ nelle celebrazioni cosiddette ‘normali‘, quelle dei cristiani di serie B senza chitarre, canti ritmici dallo stile gitano, capaci di esaltare e proiettarci fuori di noi stessi più che di raccogliere le potenze del nostro animo per rivolgerle al Signore.
Che dire poi della preghiera Eucaristica II, la sola usata dai neocatecumenali, nella quale il sacerdote ringrazia Dio “per averci ammessi alla tua presenza a compiere il sevizio sacerdotale”, confondendo il suo ruolo Ministeriale, con il sacerdozio comune… (cavalcato, distorcendolo, sempre da Lutero e seguaci vari…)?
Non a caso la lettera di Arinze richiede al punto 6):
6. Il Cammino Neocatecumenale deve utilizzare anche le altre Preghiere eucaristiche contenute nel messale, e non solola Preghieraeucaristica II.
È opportuno inoltre non trascurare, sull’Eucaristia, altre riflessioni basate, la prima, sull’Ordinamento generale del messale romano e la seconda sul Catechismo della Chiesa Cattolica. Degli importanti documenti, ritenuti irrilevanti per chi si nutre solo delle catechesi kikiane, si trascrivono i punti d’interesse:
Dall’Ordinamento generale del Messale romano
 44. Fra i gesti sono comprese anche le azioni e le processioni: quella del sacerdote che, insieme al diacono e ai ministri, si reca all’altare; quella del diacono che porta all’ambone l’Evangeliario o il Libro dei Vangeli prima della proclamazione del Vangelo; quella con la quale i fedeli presentano i doni o si recano a ricevere la Comunione. Conviene che tali azioni e processioni siano fatte in modo decoroso, mentre si eseguono canti appropriati, secondo le norme stabilite per ognuna di esse.
86. Mentre il sacerdote assume il Sacramento, si inizia il canto di Comunione: con esso si esprime, mediante l’accordo delle voci, l’unione spirituale di coloro che si comunicano, si manifesta la gioia del cuore e si pone maggiormente in luce il carattere «comunitario» della processione di coloro che si accostano a ricevere l’Eucaristia. Il canto si protrae durante la distribuzione del Sacramento ai fedeli. Se però è previsto che dopo la Comunione si esegua un inno, il canto di Comunione s’interrompa al momento opportuno.
Si faccia in modo che anche i cantori possano ricevere agevolmente la Comunione.
160. Poi il sacerdote prende la patena o la pisside e si reca dai comunicandi, che normalmente si avvicinano processionalmente.
Non è permesso ai fedeli prendere da se stessi il pane consacrato o il sacro calice, tanto meno passarselo di mano in mano. I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza Episcopale. Quando però si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire dalle stesse norme.
Stralcio dal Catechismo della Chiesa Cattolica
1373 « Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi » (Rm 8,34), è presente in molti modi alla sua Chiesa: [Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 48: AAS 57 (1965) 53.] nella sua parola, nella preghiera della Chiesa, « dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro » (Mt 18,20), nei poveri, nei malati, nei prigionieri, [Cf Mt 25,31-46.] nei sacramenti di cui egli è l’autore, nel sacrificio della Messa e nella persona del ministro. Ma « soprattutto [è presente] sotto le specie eucaristiche ». [Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 7: AAS 56 (1964) 100-101.]
1374 Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche è unico. Esso pone l’Eucaristia al di sopra di tutti i sacramenti e ne fa « quasi il coronamento della vita spirituale e il fine al quale tendono tutti i sacramenti ». [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, q.73, a. 3, c: Ed. Leon. 12, 140.]
Nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero. [Cf Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia, canone 1: DS 1651.]
« Tale presenza si dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre non siano “reali”, ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Dio e uomo, tutto intero si fa presente ». [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei: AAS 57 (1965) 764.]
1375 È per la conversione del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue che Cristo diviene presente in questo sacramento. I Padri della Chiesa hanno sempre espresso con fermezza la fede della Chiesa nell’efficacia della parola di Cristo e dell’azione dello Spirito Santo per operare questa conversione. San Giovanni Crisostomo, ad esempio, afferma:
« Non è l’uomo che fa diventare le cose offerte Corpo e Sangue di Cristo, ma è Cristo stesso, che è stato crocifisso per noi. Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle parole, ma la virtù e la grazia sono di Dio. Questo è il mio Corpo, dice. Questa parola trasforma le cose offerte ». [San Giovanni Crisostomo, De proditione Iudae homilia, 1, 6: PG 49, 380.]
E sant’Ambrogio, parlando della conversione eucaristica, dice:
Dobbiamo essere convinti che « non si tratta dell’elemento formato dalla natura, ma della sostanza prodotta dalla formula della consacrazione, ed è maggiore l’efficacia della consacrazione di quella della natura, perché, per l’effetto della consacrazione, la stessa natura viene trasformata ». [Sant'Ambrogio, De mysteriis, 9, 50: CSEL 73, 110 (PL 16, 405).] « La parola di Cristo, che poté creare dal nulla ciò che non esisteva, non può trasformare in una sostanza diversa ciò che esiste? Non è minore impresa dare una nuova natura alle cose che trasformarla ». [Ibid., 9, 52: CSEL 73, 112 (PL 16, 407).]
1376 Il Concilio di Trento riassume la fede cattolica dichiarando: « Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione ». [Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia, c. 4: DS 1642.]
1377 La presenza eucaristica di Cristo ha inizio al momento della consacrazione e continua finché sussistono le specie eucaristiche. Cristo è tutto e integro presente in ciascuna specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo. [Cf Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia, c. 3: DS 1641.]
1378 Il culto dell’Eucaristia. Nella liturgia della Messa esprimiamo la nostra fede nella presenza reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino, tra l’altro, con la genuflessione, o con un profondo inchino in segno di adorazione verso il Signore. «La Chiesacattolica professa questo culto latreutico al sacramento eucaristico non solo durantela Messa, ma anche fuori della sua celebrazione, conservando con la massima diligenza le ostie consacrate, presentandole alla solenne venerazione dei fedeli cristiani, portandole in processione con gaudio della folla cristiana ». [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei: AAS 57 (1965) 769.]
1379 La santa riserva (tabernacolo) era inizialmente destinata a custodire in modo degno l’Eucaristia perché potesse essere portata agli infermi e agli assenti, al di fuori della Messa. Approfondendo la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, la Chiesaha preso coscienza del significato dell’adorazione silenziosa del Signore presente sotto le specie eucaristiche. Perciò il tabernacolo deve essere situato in un luogo particolarmente degno della chiesa, e deve essere costruito in modo da evidenziare e manifestare la verità della presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento.
1380 È oltremodo conveniente che Cristo abbia voluto rimanere presente alla sua Chiesa in questa forma davvero unica. Poiché stava per lasciare i suoi nel suo aspetto visibile, ha voluto donarci la sua presenza sacramentale; poiché stava per offrirsi sulla croce per la nostra salvezza, ha voluto che noi avessimo il memoriale dell’amore con il quale ci ha amati « sino alla fine » (Gv 13,1), fino al dono della propria vita. Nella sua presenza eucaristica, infatti, egli rimane misteriosamente in mezzo a noi come colui che ci ha amati e che ha dato se stesso per noi, [Cf Gal 2,20.] e vi rimane sotto i segni che esprimono e comunicano questo amore:
« La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo sacramento dell’amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andare ad incontrarlo nell’adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione ».
[Giovanni Paolo II, Epist. Dominicae Cenae, 3: AAS 72 (1980) 119.]
Il comportamento della comunità credente – che ovviamente ne rispecchia anche l’atteggiamento interiore – suggerito dal Messale (tra l’altro riguarda proprio uno dei richiami della lettera di Arinze) mi sembra perfettamente consono al significato GRANDE di quel che si sta facendo: l’accostarsi, per riceverlo, al Signore in corpo, sangue, anima e divinità…
Vogliamo renderci conto della banalizzazione o, peggio, della profanazione implicita conseguente alla prassi neocatecumenale? E che dire della prassi di non curarsi dei frammenti del pane consacrato, degli insegnamenti che irridono – ora ufficialmente non più – la pratica dell’Adorazione eucaristica nonché dei loro Tabernacoli ‘vestiti‘ di nero [vedi]?
Meditiamo su Ef 4,11-14: “È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore.”
***
Al testo del precedente statuto stilato precedentemente all’anno 2002 è succeduto un nuovo testo, più approfondito e frutto di nuove ispirazioni e riflessioni, che il giorno 11 maggio 2008 sostituì previa sua approvazione da parte delle Autorità Vaticane, il PONTIFICIUM CONSILIUM PRO LAICIS, il precedente; è ancora attuale ed è conservato negli Archivi del Dicastero Vaticano; si riportano alcuni interessanti commenti e approfondimenti consultabili in archivi di accesso pubblico,in particolar modo l’articolo numero 13 riguardante l’Eucaristia, ovvero la Celebrazione della Messa.
ROMA, 23 giugno 2008 – Il Cammino Neocatecumenale ha un nuovo e definitivo statuto.
È stato approvato dalle autorità vaticane lo scorso 11 maggio, festa di Pentecoste, ed è stato ufficialmente consegnato dieci giorni fa dal cardinale Stanislaw Rylko, presidente del pontificio consiglio per i laici, all’équipe responsabile internazionale del Cammino, composta da Francisco José (Kiko) Gómez Argüello, Carmen Hernández e don Mario Pezzi.
Il precedente statuto, datato 29 giugno 2002, era sperimentale e aveva una validità di cinque anni. Era quindi scaduto da quasi un anno quando il nuovo è stato approvato.
Il motivo di questo ritardo lo si intuisce confrontando i due testi. Soprattutto all’articolo 13, dove le variazioni sono più evidenti.
L’articolo 13 riguarda la celebrazione della messa. Che per i neocatecumenali è sempre stata la causa di più forte contrasto con l’insieme della Chiesa cattolica.
Anzitutto per i tempi e i luoghi delle celebrazioni.
I neocatecumenali usano celebrare le loro messe non la domenica ma il sabato sera, in piccoli gruppi, separati dall’insieme della comunità parrocchiale. E poiché ciascun gruppo neocatecumenale corrisponde a un particolare stadio del Cammino, ciascun gruppo ha la sua messa, in locali diversi.
Poi per le modalità della celebrazione.
I neocatecumenali usano celebrare la messa in forma di convito, attorno a una grande mensa quadrata, facendo la comunione seduti. Inoltre, in aggiunta all’omelia, danno largo spazio ai commenti spontanei dei presenti.
Così, almeno, facevano fino a poco tempo fa.
E in parte continuano a fare.
Il 1 dicembre 2005 il cardinale Francis Arinze, prefetto della congregazione per il culto divino, li richiamò per lettera, a nome del papa, a un’osservanza fedele delle regole liturgiche. E il successivo 12 gennaio Benedetto XVI in persona li esortò ad ubbidire.
Ma di fatto questo doppio richiamo cadde quasi ovunque nel vuoto.
Il 22 febbraio2007, inun’udienza al clero di Roma, Benedetto XVI fece loro capire che i nuovi statuti non sarebbero stati approvati, se non avessero obbedito ai richiami.
E alla fine le pressioni hanno avuto effetto.
Il nuovo statuto approvato lo scorso 11 maggio obbliga i neocatecumenali a celebrare la messa seguendo le regole liturgiche generali del rito romano.
La comunione dovranno riceverla in piedi.
L’omelia non potrà più essere sostituita da una pluralità di interventi.
Le loro messe del sabato sera saranno “parte della pastorale liturgica domenicale della parrocchia” e saranno “aperte anche ad altri fedeli“.
Uniche concessioni:
la comunione potranno riceverla “restando al proprio posto” e il segno della pace potranno scambiarlo prima dell’offertorio invece che prima della comunione.
Ma va notato che quest’ultima collocazione c’è già nel rito ambrosiano in uso nell’arcidiocesi di Milano.
E in un prossimo futuro potrebbe entrare in uso anche nel rito romano, stando a ciò che ha fatto presagire lo stesso Benedetto XVI nell’esortazione postsinodale sull’Eucaristia “Sacramentum Caritatis“.
A norma del nuovo statuto, tutte le comunità neocatecumenali del mondo dovrebbero attenersi già oggi alle nuove regole, nel celebrare la messa.
Il Cammino Neocatecumenale, nato in Spagna nel 1964, dichiara di essere presente in 107 paesi dei cinque continenti, con 19 mila comunità in 5.700 parrocchie di 1.200 diocesi. Nell’insieme, i suoi membri sono circa mezzo milione. Ha 60 seminari “Redemptoris Mater” in tutto il mondo. In Italia è attivo del 1968 e conta 4.500 comunità in 200 diocesi, con circa 100 mila membri.
Dopo il nuovo statuto, dovrebbero presto essere pubblicati anche gli “Orientamenti alle équipes dei catechisti”, cioè i testi-guida dei fondatori Kiko e Carmen. Lungamente esaminati dalle autorità vaticane, usciranno in edizione corretta.
Ecco qui seguito il vecchio e il nuovo statuto a confronto, nell’articolo – con le relative note – che riguarda la celebrazione dell’Eucaristia:
L’Eucaristia nel vecchio statuto del 2002…
ART. 13
§ 1. L’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato postbattesimale, vissuto in piccola comunità (46). L’Eucaristia infatti completa l’iniziazione cristiana (47).
§ 2. I neocatecumeni celebrano l’Eucaristia nella piccola comunità per essere iniziati gradualmente alla piena, consapevole e attiva partecipazione ai divini misteri (48), anche secondo l’esempio di Cristo, che nella moltiplicazione dei pani fece sedere gli uomini “in gruppi di cinquanta” (Lc 9,14). Tale consuetudine, consolidata nella prassi ultra trentennale del Cammino, è feconda di frutti (49).
§ 3. Inconsiderazione anche “di specifiche esigenze formative e pastorali, tenendo conto del bene di singoli o di gruppi, e specialmente dei frutti che possono derivarne all’intera comunità cristiana” (50), la piccola comunità neocatecumenale (51), con l’autorizzazione del Vescovo diocesano, celebra l’Eucaristia domenicale (52), aperta anche ad altri fedeli, dopo i primi vespri.
§ 4. Ogni celebrazione dell’Eucaristia è preparata, quando possibile sotto la guida del Presbitero, da un gruppo della comunità neocatecumenale, a turno, che prepara brevi monizioni alle letture, sceglie i canti, provvede il pane, il vino, i fiori, e cura il decoro e la dignità dei segni liturgici.
NOTE
(46) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Epist. Ogniqualvolta, 30 agosto 1990: AAS 82 (1990) 1515: “Sono l’annuncio del Vangelo, la testimonianza in piccole comunità e la celebrazione eucaristica in gruppi (cfr. Notificazione sulle celebrazioni nei gruppi del Cammino Neocatecumenale in L’Oss. Rom., 24 dicembre 1988) che permettono ai membri di porsi al servizio del rinnovamento della Chiesa”; IDEM, Discorso a 350 catechisti itineranti del Cammino Neocatecumenale, in L’Oss. Rom., 18 gennaio 1994: “Tutto ciò viene attuato in piccole comunità, nelle quali ‘la riflessione sulla parola di Dio e la partecipazione all’Eucaristia… formano cellule vive della Chiesa, rinnovano la vitalità della Parrocchia mediante cristiani maturi capaci di testimoniare la verità con una fede radicalmente vissuta’ (Messaggio ai Vescovi d’Europa riuniti a Vienna, 12 aprile 1993)”.
(47) Cfr. OICA [Ordo Initiationis Christianae Adultorum], 36, 368.
(48) Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 48; CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio generale perla Catechesi, 85; S. LEONE MAGNO, Sermo 12, De passione: “La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo, a farci rivestire in tutto, nel corpo e nello spirito, di colui nel quale siamo morti, siamo stati sepolti e siamo risuscitati”.
(49) In questo modo si viene incontro alle esigenze dell’uomo contemporaneo: si valorizza la domenica, evitando la dispersione propria del week end, si strappano i giovani dalle discoteche del sabato sera e dalla droga, si dà alla famiglia la possibilità di essere unita di domenica in una liturgia domestica – momento privilegiato nella trasmissione della fede ai figli – e si permette ai fratelli più formati di aiutare ad animare le messe domenicali parrocchiali; ma soprattutto l’intensità della partecipazione della piccola comunità alla sacra Eucaristia stimola e sorregge il cambiamento morale e il sorgere di molteplici vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa e missionaria.
(50) GIOVANNI PAOLO II, Lett. apost. Dies Domini, 36; cfr. SACRA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, Instr. Actio Pastoralis de Missis pro coetibus particularibus: “Si esortano vivamente i pastori d’anime a voler considerare e approfondire il valore spirituale e formativo di queste celebrazioni”.
(51) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Discorso a 350 catechisti itineranti del Cammino Neocatecumenale, in L’Oss. Rom., 18 gennaio 1994: “La vostra ormai pluriennale esperienza nel Cammino vi avrà certo insegnato che la piccola comunità, sostenuta dalla Parola di Dio e dall’Eucaristia domenicale, diventa luogo di comunione“.
(52) Cfr. Notificazione della Congregazione per il Culto Divino sulle celebrazioni nei gruppi del Cammino Neocatecumenale, in L’Oss. Rom., 24 dicembre 1988: “La congregazione consente che tra gli adattamenti previsti dall’istruzione Actio pastoralis, nn. 6-11, i gruppi del menzionato Cammino possano ricevere la comunione sotto le due specie, sempre con pane azzimo, e spostare, ‘ad experimentum’, il rito della pace dopo la preghiera universale“. Seguendo quanto indicato nella Istruzione Ecclesia de mysterio (art. 3, § 3), per preparare l’assemblea a meglio accogliere l’omelia, il presbitero, con prudenza, può dare la possibilità a qualcuno tra i presenti di esprimere brevemente ciò chela Parola proclamata ha detto alla sua vita.
… e nel nuovo statuto del 2008
ART. 13
§ 1. L’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccola comunità (47). L’Eucaristia infatti completa l’iniziazione cristiana (48).
§ 2. I neocatecumeni celebrano l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi vespri della Domenica. Tale celebrazione ha luogo secondo le disposizioni del Vescovo diocesano. Le celebrazioni dell’Eucaristia delle comunità neocatecumenali al sabato sera fanno parte della pastorale liturgica domenicale della parrocchia e sono aperte anche ad altri fedeli.
§ 3. Nella celebrazione dell’Eucaristia nelle piccole comunità si seguono i libri liturgici approvati dal Rito Romano, fatta eccezione per le concessioni esplicite della Santa Sede (49). Per quanto concerne la distribuzione della Santa Comunione sotto le due specie, i neocatecumeni la ricevono in piedi, restando al proprio posto.
§ 4. La celebrazione dell’Eucaristia nella piccola comunità è preparata sotto la guida del Presbitero, da un gruppo della comunità neocatecumenale, a turno, che prepara brevi monizioni alle letture, sceglie i canti, provvede il pane, il vino, i fiori, e cura il decoro e la dignità dei segni liturgici.
NOTE
(47) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Epist. Ogniqualvolta, 30 agosto 1990: AAS 82 (1990) 1515: “Sono l’annuncio del Vangelo, la testimonianza in piccole comunità e la celebrazione eucaristica in gruppi (cfr. Notificazione sulle celebrazioni nei gruppi del Cammino Neocatecumenale in L’Oss. Rom., 24 dicembre 1988) che permettono ai membri di porsi al servizio del rinnovamento della Chiesa”; IDEM, Discorso a 350 catechisti itineranti del Cammino Neocatecumenale, in L’Oss. Rom., 18 gennaio 1994: “Tutto ciò viene attuato in piccole comunità, nelle quali ‘la riflessione sulla parola di Dio e la partecipazione all’Eucaristia… formano cellule vive della Chiesa, rinnovano la vitalità della Parrocchia mediante cristiani maturi capaci di testimoniare la verità con una fede radicalmente vissuta’ (Messaggio ai Vescovi d’Europa riuniti a Vienna, 12 aprile 1993)”.
(48) Cfr. OICA [Ordo Initiationis Christianae Adultorum], 36, 368.
(49) Cfr. Benedetto XVI, Discorso alle Comunità del Cammino Neocatecumenale del 12 gennaio 2006: Notitiae 41 (2005) 554-556; Congregazione per il Culto Divino, Lettera del 1 dicembre 2005: Notitiae 41 (2005) 563-565; Notificazione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplinadei Sacramenti sulle celebrazioni nei gruppi del Cammino Neocatecumenale, in L’Osservatore Romano, 24 dicembre 1988: “La congregazione consente che tra gli adattamenti previsti dall’istruzione Actio pastoralis, nn. 6-11, i gruppi del menzionato Cammino possano ricevere la comunione sotto le due specie, sempre con pane azzimo, e spostare, ‘ad experimentum’, il rito della pace dopo la Preghiera universale“.
*
Sarà ora argomento di riflessione e di proposta la modalità di partecipazione alle celebrazione eucaristica neocatecumenale.
Gli incontri programmati dalla Comunità sono stabiliti essenzialmente per svolgersi nel martedì e nel sabato, nonché in una domenica ogni mese, con carattere più esteso, coordinato con molte comunità esistenti nella realtà provinciale e regionale. A noi nuovi partecipanti tal incontri sono accaduti sino a oggi, tranne Martedì 6 dicembre in cui non vi fu nessun incontro a San Giuseppe al Trionfale e in attesa liturgia della Parola, venerdì 9 dicembre via Armando di Tullio Grazia preparazione liturgia della Parola “Roccia”,Sabato 10 dicembre San Giuseppe al Trionfale con la liturgia eucaristica, Martedì 13 dicembre San Giuseppe al Trionfale per la liturgia della Parola “Roccia”;Sabato 17 dicembre San Giuseppe al Trionfale con la liturgia eucaristica, e Martedì 20 dicembre San Giuseppe al Trionfale per la liturgia della Parola”Pane”;
Fu successivamente indicato, poco prima del periodo in cui ricorrono i festeggiamenti per la natività di Nostro Signore,  di riflettere, approfondire, studiare e preparare la celebrazione stabilita per il giorno martedì tre gennaio 2023, della parola “Agnello“, a cui Grazia, Lourdes e Giancarlo si dedicarono con entusiasmo, incontrandosi anticipatamente, sabato 31 dicembre presso la abitazione di Grazia e successivamente in momenti di personale riflessione quotidiana. Si rese evidente durante le letture e studi effettuati con l’ausilio di alcuni testi guida quali il Dizionario di Teologia Biblica  pubblicato sotto la direzione di XAVIER LEON-DUFOUR e di Jean Duplacy, Augustin George Pierre Grelot, Jacques Guillet Marc-Francois Lacan il cui titolo in lingua originale è:  VOCABULAIRE  DE  THEOLOGIE  BIBLIQUE  (Les Editions du Cerf) in Edizione italiana completamente rifusa sulla II edizione francese riveduta e ampliata, a cura di Giovanni Viola e Ambretta Milanoli 1 in quinta edizione riveduta e corretta nell’anno 1976, nonché il Dizionario dei Simboli Cristiani, Autore: Edouard Urech, anno: 1972, editore: Labor et Fides S.A. 1, rue Beauregard – 1024 Genève (CH). La preparazione comprese anche la scelta di alcune letture, tre e di un brano del Vangelo precedute durante la da una breve così detta “AMMONIZIONE AMBIENTALE”, seguita dal Canto di ingresso, una successiva “AMMONIZIONE” alla PRIMA LETTURA scelta ovvero dal Pentateuco del V.T. Genesi (22, 7), seguita da un successivo Canto. Svolta la prima fase si espose la così detta “AMMONIZIONE” alla SECONDA LETTURA ovvero dai  Libri Sapienza e Profeti, Geremia (11, 19) seguita anch’essa da un Canto. La “AMMONIZIONE” alla  TERZA LETTURA tratta dal Nuovo Testamento,  ovvero Pietro (1,17) e il successivo terza Canto a cui seguì la “AMMONIZIONE AL VANGELO” e la Lettura del Vangelo di Giovanni (1,29) operata dal Sacerdote, concluse la celebrazione della parola a cui sono seguite come di prassi per la celebrazione del martedì le così dette “RISONANZE” ossia alcuni commenti liberamente espressi dai partecipanti alla Celebrazione e conclusa dalla “OMELIA” del Sacerdote, e le finali “PREGHIERE” spontanee dell’assemblea che si sciolse dopo la recita del “Padre Nostro”, la “Benedizione”, e il “Canto Finale”. La Celebrazione della Parola ha permesso di avere chiaro con processo guidato principalmente dal “Cuore” nella sua accezione biblica, una prima chiarificazione riguardo il sacrificio e l’agnello testimoniato dalle parole dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Negli Antichi Testi Precristiani l’Agnello è , con un anno di vita e senza difetto, l’olocausto offerto dall’essere vivente, dal popolo di Israele, a Dio qual offerta per la “remissione dei peccati e tutte le azioni singole e condivise nel mancato rispetto del Signore, nella Sua Esistenza, Volontà, Legge.
Nel nuovo Testamento l’Agnello è il Figlio del Signore, del Dio Trinitario, offerto dal Padre Stesso, volontà a cui il Figlio, Agnello Mansueto, che Risorge Leone, per il Perdono di tutti gli esseri viventi che credono fermamente in Lui e si pentono amando il Signore nel prossimo, in Chi Incontrano quotidianamente con perseveranza.
*
La Celebrazione della Parola è un programma educativo che si sviluppa nel tempo del “percorso” per suscitare interesse e acquisire maggior consapevolezza al riguardo dei “TEMI BIBLICI” durante il così detto “periodo del pre cacumenato” che si sviluppa ordinariamente nell’arco di tempo di alcuni anni.
Solitamente lo studio prevede lo sviluppo di un tema propedeutico alla preparazione della Celebrazione della Parola del martedì e conseguentemente nell’arco di un anno si potranno approfondire circa cinquanta “Temi Biblici“.
I “Temi Biblici” facenti parte del programma educativo sono proposti nel numero di centoquarantotto (148), numero di cui al momento non è noto un eventuale riferimento numerico simbolico o conoscitivo. Sono descritti con un rigoroso elenco che ha probabilmente una logica concreta, di cui a oggi non si conosce la natura.
I temi elencati con la cronologia e sequenzialità come di seguito trascritti perdurerà (perdurrà) circa tre anni, ovvero orientativamente sino a tutto l’anno duemilaventicinque, e sono così ordinati:
1) Roccia
2) Pane
3) Agnello di Dio
4) Amen
5) Elezione
6) Pace
7) Vite, Vigna
8) Luce
9) Porta
10) Vino
11) Regno
12) Parola
13) Sposo
14) Terra
15) Alleanza
16) Deserto
17) Albero
18) Acqua
19) Croce
20) Vittoria
21) Idoli
22) Notte
23) Legge
24) Immagine
25) Servire
26) Speranza
27) Tempio
28) Via, Cammino
29) Amore
30) Nazioni
31) Carne
32) Casa
33) Chiesa
34) Corpo
35) Dio
36) Sapienza
37) Potenza
38) Donna
39) Esilio
40) Nome
41) Eucarestia
42) Fede
43) Gesù
44) Vita
45) Giorno del Signore
46) Guerra
47) Israele
48) Pastore
49) Lode
50) Gloria
51) Madre
52) Mare
53) Fuoco
54) Messia
55) Seminare, Messe
56) Missione
57) Mondo
58) Poveri di Jahve
59) Morte
60) Pasqua
61) Peccato
62) Vegliare
63) Resto
64) Risurrezione
65) Dono
66) Ricchezza
67) Spirito di Dio
68) Trasfigurazione
69) Vangelo
70) Volto, Faccia
71) Carismi
72) Ascoltare
73) Eredità
74) Banchetto Messianico
75) Verità
76) Padre
77) Unione
78) Cristo
79) Gioia
80) Confessione, Martire
81) Potenza
82) Bambino
83) Benedizione
84) Pietra
85) Uomo
86) Braccio, Destra
87) Farisei
88) Amico
89) Cielo
90) Obbedienza
91) Grazia
92) Inferi
93) Lingua, Labbra
94) Prossimo
95) Conoscere
96) Ginocchio
97) Festa
98) Discepolo
99) Ora
100) Volontà di Dio
101) Riposo
102) Temere, Timore
103) Libro
104) Monte
105) Patria
106) Mistero
107) Digiuno
108) Figlio
109) Forza
110) Vocazione
111) Indurimento
112) Mitezza
113) Pasto
114) Prova
115) Libertà
116) Sangue
117) Testimonianza
118) Umiltà
119) Sabato
120) Schiavo
121) Errore
122) Santo
123) Empio
124) Solitudine
125) Digiuno
126) Sonno
127) Unzione
128) Veste
129) Straniero
130) Scandalo
131) Giudizio
132) Nemico
133) Ira
134) Lebbra
135) Presenza
136) Fame
137) Esodo
138) Desiderio
139) Creazione
140) Cuore
141) Fratello
142) Salvezza
143) Frutto
144) Sacrificio
145) Rivelazione
146) Cercare
147) Circoncisione
148) Riconciliazione.
* La celebrazione eucaristica del 7 gennaio 2023 accadde, si svolse,  senza la presenza di Padre Cristian che fu in tale frangente sostituito da Don Carmelo. La liturgia scorse serenamente in tutte le sue fasi e giungendo poi al commiato  la benedizione si prese atto che la modalità di preparazione della celebrazione della Parola avrebbe avuto degli adattamenti alla tangibile situazione dei partecipanti.
  si sarebbero alternati periodi di maggior durata tra un incontro e il successivo dedito alla liturgia della parola vero e proprio programmando alternatamente tra un martedì e  il successivo uno dei due dedito alla semplice preparazione della parola scelta e il successivo alla sua celebrazione per avere maggior tempo disponibile da dedicare alla riflessione, allo studio, e agli incontri di confronto da condividere. Fu quindi stabilito per il giorno martedì 10 gennaio 2023 un incontro da svolgersi e a cui partecipare presso la sede di San Giuseppe di preparazione alla liturgia della parola prevista per il 17 gennaio 2023 ossia la parola AMEN, la quarta dell’elenco del programma di preparazione e studio generale. A tale preparazione furono invitati Luigia, Giancarlo, Silvia e Paola. Amen ha origine etimologica dall’ebraico āmēn «così è, in verità». E’ la Parola del latino ecclesiastico, che, con il significato di «così sia», chiude molte preghiere cristiane in lingua latina, talora anche quelle in lingua italiana, o è pronunciata dall’assemblea nella messa e in altri riti liturgici come risposta e assenso a preghiere e invocazioni del celebrante. È d’uso comune nella frase in men che non si dica amen (anche con valore di sostantivo maschile, in un amen), in un momento, in un attimo (cfr. Dante: Un amen non sarìa possuto dirsi Tosto così com’e’ fuoro spariti); o come esclamativa conclusiva: allora amennon se ne parli più!, cioè: va bene, sia pure, e similmente; meno comune, essere all’amen, ovvero essere alla fine. (dal Vocabolario della Lingua Italiana Treccani)
La Parola ebraica (’āmēn), con significato «così sia» (I Re 1, 36; Ger. 11, 5), «in verità» (Ger. 28, 6). è nella liturgia della sinagoga usata nei canti di lode a Dio (Neem. 8, 6) o alla fine di una dossologia o di una preghiera (I Cron. 16, 36).
Nel Nuovo Testamento è un’acclamazione della liturgia cristiana (I Cor. 14, 16) e celeste (Apoc. 5, 14): di solito alla fine di preghiera o di dossologia (Rom. 1, 25; 9, 25; Ebr. 13, 21; I Pietro 4, 11) come supplica affinché le promesse fatte da Dio siano adempiute.
Nella Messa, come anche negli altri riti liturgici, l’amen esprime l’assenso dell’assemblea alla preghiera del sacerdote, soprattutto alle dossologie.
Giuseppe Ricciotti nella Enciclopedia Italiana (1929) definisce AMEN Parola ebraica (‘āmēn), passata anche in altre lingue semitiche (siriaco, etiopico, ecc.), nelle versioni greche e latine del Vecchio Testamento e nei varî testi del Nuovo.
Deriva dalla radice semitica ‘mn col senso “sostenere, esser saldo”, quindi “esser sicuro, certo, veritiero”, ecc. Nella Bibbia è usato per lo più avverbialmente, sia per confermare ciò che altri ha detto (“sicuro! certo!”), sia per dare enfasi alla propria asserzione (“in verità! con sicurezza!”); qualche volta ha pure un significato ottativo, esprimendo il desiderio che avvenga ciò che si è detto. Quest’ultima accezione ha largamente diffuso l’impiego della parola nella liturgia giudaica sinagogale e in quelle cristiane, orientali, greche e latine, specialmente come conferma ottativa finale “così sia!”. Sotto la forma araba āmīn il vocabolo è penetrato anche nell’uso liturgico musulmano Dai Settanta fu tradotto per lo più γένοιτο, e nelle versioni latine derivate da questa (come nei Salmifiat, “avvenga”. Nel Nuovo Testamento si trova spesso amen (ἀμήη): ripetuto, con valore superlativo, nel IV Vangelo. Nei discorsi di Gesù, riferiti dai Vangeli, la frase ‘Αμὴν λέγω σοι (o ὑμῖν) si traduce meglio: “In verità ti (o: vi) dico”. Nell’Apocalisse (III, 14) amen diventa nome, ed è usato metaforicamente (ὁ ‘Αμήν, “la verità” o “il veridico”) per Gesù stesso.
Amen assunse il valore di acclamazione, come Alleluia. S. Paolo (I Corinzî, XIV, 16; cfr. II Cor., I, 20) ci è lui stesso testimone dell’abitudine di rispondere amen alle preghiere. Nella liturgia antica lo si trova dopo la consacrazione, dopo la comunione, e dopo dossologie o altre preghiere liturgiche; fu usato, come formula conclusiva, in fine ai simboli di fede (e si può tradurre, come vuole S. Agostino, verum est), penetrò nelle formule funerarie e negli amuleti, tanto che si trova in numerose iscrizioni e papiri. Talvolta è seguito dalle lettere greche kappa thēta il cui valore numerico, 99, corrisponde alla somma di quelli rappresentati dalle lettere α (1), μ (40), η (8), γ (50). Il fedele durante la propria orazione e congiuntamerte nella preghiera comunitaria con AMEN declama fermamente e inequivocabilmente la propria fede sottolineando i l proprio credere nell’oggetto dell’orazione, assumendosi la responsabilità di conclamare pubblicamente affermando che ciò che declama è vero. ”Dire Amen, significa proclamare che si ritiene vero ciò che è stato detto, al fine di ratificare una proposta o di unirsi ad una preghiera. (C. THOMAS; dal Dizionario di Teologia Biblica pubblicato sotto la direzione di
Xavier Leon-Dufour; 1976).
E’ molto coinvolgente quanto afferma San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi riguardo la Parola Amen in relazione ai Doni dello Spirito ovvero il “Dono delle Lingue” e il Dono della Profezia”. San APolo con grande chiarezza afferma che Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini ma a Dio poiché, mentre dice per ispirazione cose misteriose, nessuno comprende. Chi profetizza, invece, parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e conforto. da ciò conclude San Paolo che: 
Chi parla con il dono delle lingue edifica se stesso, chi profetizza edifica l’assemblea e da ciò deduce che quando si parla alla Assemblea, in particolar modo  a chi non ha piena fede è bene “parlare con la profezia. “Altrimenti, se tu dai lode a Dio soltanto con lo spirito, in che modo colui che sta fra i non iniziati potrebbe dire l’Amen al tuo ringraziamento, dal momento che non capisce quello che dici?
Sabato 14 gennaio 2023 l’Eucarestia presso la Parrocchia di San Giuseppe al Trionfale è stata preparata con la viva partecipazione di Grazia, Caterina e Tatiana, e si è svolta alle ore 20.00. come di consueto. Al riguardo della modalità liturgica operata dai neo catecumeni per la Eucarestia del Sabato “in tentata e ispirata assonanza” con le celebrazioni delle radici cristiane del primo periodo successivo alla Crocifissione di Cristo, si notano molte particolarità e dettagli teologico liturgici che le contraddistinguono, dalla Celebrazione Eucaristica di originaria modalità Diocesana.I dettagli della funzione successivamente ad alcune revisioni avvenute nei tempi passati, ovvero sino al 2008, possiedono e sono  oggetto di particolarità, dettagli e spunti che potrebbero guidare la predisposizione di un apposito ambito spaziale liturgico che ora si andrà a descrivere con parole e immagini.
Le parole, le preghiere, i gesti rituali del Celebrante e le propedeutiche comunicazioni degli Educatori neo catecumeni, pongono in chiara centrale evidenza, la ricerca di un metodo che inequivocabilmente permetta di percorrere la strada antecedente anticamente,e in origine, all’attuale Celebrazione del Sacramento del Battesimo e vivere questo anche oggi in modo partecipato e con consapevolezza, ripetendo anche gestualità, usi, riti e modalità attualmente dimenticati, partecipando e ricevendo il Sacramento con la consapevolezza del ricevimento del Dono dello Spirito Santo, del “dono della lingua”, del divenire Figli di Dio Padre e parte celò Corpo vivente della Chiesa, che ha dalla nascita, crescita, morte resurrezione e Ascensione al Cielo SQUARCIATO il velo del Tempio di Israele incredulo, le celle dei templi olimpici e precristiani, le costrizioni e credenze delle religiosità istintive, la consapevolezza della educazione forviante agli idoli del mondo, mezzo di illusione programmata per la distruzione della Vera Libertà dell’essere vivente a cui Dio Padre dona tutto, iniziando dalla Vita, senza nulla chiedere e senza dipendenza alcuna. La chiara visione che traspare dalla proposta dei neo catecumeni. I pensieri e le azioni presenti durante la Celebrazione della Parola del martedì pomeriggio e la Celebrazione Eucaristica del Sabato sere hanno dato origine al desiderio di disegnare un bozzetto che descrive un luogo per tali celebrazioni che con i suoi elementi compositivi e costruttivi renda visibile quanto accade e accadde, quando con il Battesimo, il Sacramento del Battesimo alle sue origini rituali, e con la VALENZA ETERNA DA ALLORA conosciuta e resa accessibile all’essere vivente da Cristo, per Volontà del Padre e per mezzo dello Spirito Santo.
Celebrato inizialmente nei primi templi o luoghi di culto edificati dall’essere vivente stesso prima di conoscere Cristo, i fedeli ne hanno trasformato nell’uso la loro valenza e natura e ne hanno aperto le mura che li chiudevano alla Realtà del Creato imprigionando in tal modo in loro la conoscenza del Creato Stesso, Dono di Nostro Signore, a noi viventi.
Alcune prime immagini dei bozzetti di studio che descrivono il luogo ove si potrebbe svolgere in armonia e assonanza la Celebrazione Eucaristica partecipata nelle occasioni prima descritte prima figura 
seconda figura 
terza figuraquarta figuraquinta figura 
sesta figura 
settima figura
ottava figura
nona figura
decima figura martedì 17 gennaio si è svolta la celebrazione della Parola AMEN organizzata da Luigia, Giancarlo, Silvia e Paola e successivamente sabato 21 gennaio si è Celebrata l’Eucarestia con la viva partecipazione di Lourdes, Ambra e Alessio. martedì 24 gennaio si ipotizza di preparare la Celebrazione della Parola  ELEZIONE a cura di Vittoria, Giancarlo, Victoria ed Enzo per la Celebrazione del il 31 gennaio 2023, che potrebbe essere preceduta dalla Celebrazione Eucaristica del 28 gennaio organizzata da Grazia, Luigia, Virginia e Paola.
Alcuni nuovi incontri di catechesi stabiliti per i prossimi giorni potrebbero modificare il programma e arricchire il desiderio conoscitivo e di partecipazione con maggiore consapevolezza del percorso Neo Cachecumenale.
continua……..