Sergio Marini Pittore e Scultore in Foligno (PG)

Breve Biografia

Nasce a Foligno nel 1937, studia presso l’Istituto d’Arte e l’Accademia  di Belle Arti di Perugia. Insegna poi presso l’Istituto d’Arte e nei corsi per stranieri. Inizia l’attività nel 1958 con una mostra a Spoleto in occasione del Festival dei Due Mondo. Espone in numerose collettive e personali in Italia e all’estero. L’attività più recente lo vede impegnato anche in opere a tema religioso. Dipinge due Palii per la giostra della Quintana di Foligno. La sua forte e matura personalità si avverte nel segno asciutto e tagliente, a volte scattante, e nella sobria eleganza della sintesi e della stilizzazione

1

La più recente immagine di Angelina presente nel monastero è un olio su tela di Sergio Marini, opera del 1995. L’autore vi ha espresso la sua interpretazione sulla beata, sulla sua spiritualità e il suo carisma, utilizzando i simboli tradizionali.
Angelina, investita dal soffio dello Spirito che scaturisce da una croce, circondata da una fiamma, che lei regge sulla sinistra innalzata, ha un aspetto slanciato. I piedi nudi sembrano pronti per la danza. Sulla mano destra sostiene un piccolo monastero. L’abito è grigio, il velo è nero; intorno a lei, in penombra, le sue sorelle di oggi ne continuano la presenza nel mondo: alcune pregano, altre studiano, altre soccorrono chi ha bisogno. 2

Le opere di Sergio Marini nella chiesa del Santissimo Nome di Gesù

Il dipinto realizzato per la parete d’altare della chiesa del Santissimo Nome di Gesù, intitolato Resurrezione, è stato eseguito da Sergio Marini nel maggio del 2000. Di quest’opera è conservato il bozzetto preparatorio, che è stato esposto nella mostra personale “Pensare a Sergio”, inaugurata nel maggio 2012. Ma a questo soggetto Marini aveva già lavorato dieci anni prima, perché un disegno che prefigura una simile struttura compositiva è datato 1990: intitolato Croci. Fino a quando?, fu esposto nella mostra “Il Sacro nell’Arte alle soglie del Duemila”, tenutasi in occasione del Sinodo Diocesano fra il 1990 e il 1991. Nell’opera di Marini la croce viene rappresentata attraverso una serie di proiezioni sospese nello spazio e nel tempo e quindi secondo diverse prospettive. Nella croce capovolta compare il corpo di Cristo, nelle altre immagini, che si stagliano all’orizzonte, invece la croce è vuota e appare avvolta nel sudario. Il sudario è animato dal vento dello Spirito che trascorre attraverso nubi vaporose, intrise dei raggi di un sole misterioso: il corpo non c’è più perché Cristo è risorto. La fonte luminosa è invisibile, appare nei suoi effetti nella parte in alto a destra del dipinto, mentre nell’angolo opposto, in basso a sinistra, regnano le tenebre. In primo piano, sulla destra, si staglia un particolare in cui si concentra, in tutta la sua crudezza, la sofferenza del supplizio: la mano ritratta nel momento in cui il martello si abbatte sulla carne per conficcare il chiodo. Questa mano simboleggia l’Umanità che oggi continua a crocifiggere Gesù perpetrando atti di violenza e di malvagità. Nella simbologia cristiana i chiodi sono, accanto alla croce, alla lancia, alla spugna, alla corona di spine e alla colonna della flagellazione, gli “strumenti”della Passione e quindi contengono essi stessi l’essenza della crocifissione di Gesù e del suo Sacrificio. Sulla controfacciata della chiesa Sergio Marini ha successivamente, nel 2004 e nel 2005, eseguito due altri dipinti, questa volta a monocromo, raffiguranti l’Annunciazione e la Natività. In tutte queste opere, accanto alla firma e alla data, compare la sigla “SDG”, che Marini ha apposto anche in altri suoi dipinti e che sintetizza il motto Soli Deo Gloria, in riferimento al fatto che l’inno di glorificazione espresso tramite l’arte sacra deve essere rivolto all’unico vero Dio. Osservando questi dipinti, risulta particolarmente evidente un aspetto che caratterizza, come punto di forza, tutta la produzione artistica di Marini, e cioè una chiara tensione a cogliere l’essenziale, a sfrondare gli elementi secondari che possono in qualche modo sviare dall’essenza del tema focalizzato, unita alla precisa volontà di non lasciare alcun elemento compositivo alla casualità. Una delle peculiarità dello stile pittorico di Sergio Marini si individua nella trama di raggi che attraversano le superfici, e fanno della luce la vera protagonista dei suoi dipinti: il bagliore luminoso, moltiplicato in particelle colorate attraverso un prisma invisibile, è simbolo del risveglio dal torpore, è sottrazione delle cose all’oblio. L’utilizzo di una tavolozza di colori delicati ma vibranti, che trapassano leggeri le accurate linee di un disegno limpido, esprime un sentimento di trepidazione nell’accostarsi ai misteri della vita e della sua trascendenza. Inoltre, la profonda conoscenza dell’arte figurativa del passato, frutto della preparazione accademica e di anni dedicati all’attività del restauro di opere antiche, consente all’artista di riscoprire le valenze simboliche di particolari iconografici che danno profondità concettuale a un’immagine religiosa. 3

Sergio Marini aveva intenzione di completare l’impresa decorativa della chiesa del Santissimo Nome di Gesù con un ultimo dipinto, da realizzare per la superficie che si trova al di sopra della porta d’ingresso. Pensava ad un soggetto che comunicasse in modo immediato, a colui che si accinge a lasciare la chiesa, l’esortazione a diffondere il messaggio evangelico. Da quanto detto, si capisce che i dipinti eseguiti per la chiesa del Santissimo Nome di Gesù rappresentano un momento cruciale all’interno del percorso artistico di Sergio Marini: sono opere che racchiudono un messaggio significativo per ciò che il pittore ha realizzato, ma anche per ciò che avrebbe voluto eseguire e che lascia quindi idealmente in eredità, con l’augurio che un altro artista possa raccogliere il testimone e continuare il cammino intrapreso.  4

La Creazione e il Peccato  5